
Il Tribunale penale di Pordenone in composizione monocratica, lo scorso 12 giugno 2017 ha assolto con la formula “perché il fatto non costituisce reato” il datore di lavoro a seguito dell’infortunio sul lavoro, asserendo come “il concetto di malattia presupposto dell’art. 582 c.p. è riferito alla rilevante compromissione dell’assetto funzionale (taglio, ecchimosi, ecc...) non necessariamente esito di una lesione anatomica determinante rilevanti ripercussioni sulla vita di relazione del soggetto”.
Più precisamente, prosegue nella sua motivazione il Tribunale, “ne deriva che le mere alterazioni anatomiche che non interferiscono in alcun modo con il profilo funzionale della persona non possono integrare la nozione di malattia, correttamente intesa ex art. 582 c.p.”. Viene poi precisato come la diversa quantificazione della durata della malattia risultante dalla certificazione Inail è avvenuta su base prognostica, non già diagnostica e ai diversi fini previdenziali destinati, cioè a verificare l’inabilità lavorativa – non la malattia dell’operaio!
Hanno assistito la vicenda gli avvocati Antonio Bana e Jacopo Campomagnani dello studio legale Bana, mentre per gli aspetti civilistici ha agito Giulia Affer dello studio Trevisan & Cuonzo.